IL MAIALETTO SARDO: TRADIZIONE E CULTO SI INCONTRANO IN CUCINA.

IL MAIALETTO SARDO: TRADIZIONE E CULTO SI INCONTRANO IN CUCINA. Ci sono tantissimi piatti della tradizione sarda che meritano di essere conosciuti e assaggiati; possiamo affermare che il Maialetto Arrosto alla Sarda li rappresenta tutti perché lo si trova cucinato allo stesso modo in tutta l’Isola senza varianti se non per la “schidonadura”, il modo in cui la carne viene messa allo spiedo (schidoni o schidoi) per essere cucinata: in verticale per la zona della Barbagia, in orizzontale e con l’ausilio di un girarrosto elettrico per il Sud Sardegna e le altre aree.

maialino sardo o porceddu

Fatto sta che, la preparazione del proceddu o porcheddu o copieddu che dir si voglia, assomiglia a un vero proprio culto; infatti viene affidata a un esperto arrostitore che ha molta manualità nella “schidonadura” e un’ottima conoscenza del fuoco; lui sa quanta brace avvicinare alla carne e in che modo, la quantità di erbe selvatiche (soprattutto il mirto) da porre nel vassoio con la carne cucinata che ne prenderà tutti gli odori e i sapori e, soprattutto, sa il segreto per far arrostire alla perfezione la cotenna e farla diventare un boccone croccante e succulento senza asciugare la polpa delicata e gustosa. Per realizzare questa leccornia serve anche tanta pazienza: su proxeddu deve cuocere a fuoco lento dalle 3 alle 5 ore e deve essere visionato spesso: le braci non devono essere troppo ardenti, ma devono cuocere per bene la carne; ecco perché avere un esperto che se ne occupi è fondamentale.

maialino sardo o porceddu
maialino sardo o porceddu

 Di solito l’addetto alla cottura non viene lasciato solo al suo lavoro. Spesso e volentieri i commensali vanno a trovarlo al barbecue per portargli un bicchiere di vino o una birretta e qualche stuzzichino di salsiccia, formaggio e pane carasau, un vero e proprio aperitivo, insomma, per far passare più in fretta il tempo di cottura del maialetto. Si pensi che i turisti, ultimamente, chiedono di partecipare proprio a dei “pranzi col pastore”, dove prendono parte a tutto il rito della preparazione fino a mangiare tutti insieme in aperta campagna; Da dove è nata la tradizione di cucinare il maialino in questo modo?

 Probabilmente lo si deve alla cultura spagnola che ha influenzato la Sardegna per secoli: anche nella regione della Castiglia è un piatto tipico, ma non viene usato lo spiedo e la carne cuoce nel forno con un contorno di verdure. Facendo un giro sul web, però si può vedere che in Sud America arrostiscono i maialetti con gli spiedi posti verticalmente attorno a una montagnetta di braci, ottenendo una cottura molto simile alla nostra e con la crosticina croccante. Seppure da cinquant’anni a questa parte sia molto facile mangiare un buon porcetto arrostito in tantissimi agriturismi e ristoranti sardi, questa carne era considerata un cibo di lusso, riservato solo alle feste e alle occasioni importanti in quanto, nelle famiglie rurali, i maialetti venivano allevati e macellati solo in età adulta. C’è un famoso detto che recita “del maiale non si butta via niente”, ecco, in Sardegna era una regola non scritta. Infatti, dall’abbondante carne del maiale, si preparavano insaccati come prosciutto e salsiccia per poter avere cibo conservato per più tempo possibile e poi si conservava lo strutto che serviva per cucinare, visto che non sempre c’era disponibilità di olio evo né tantomeno di quello di semi per friggere. Il maiale adulto era quindi una risorsa così preziosa che certe famiglie contadine ospitavano per la sera il maiale in casa, per evitare che i ladri lo rubassero nottetempo. Pensare che nel 2018, invece, è stata emanata una legge che limita l’allevamento e la macellazione di suini a uso famigliare; certo è stata emanata per far regredire la peste suina che in quel periodo ha danneggiato anche molte aziende suinicole che non potevano neanche esportare il loro prodotto, ma è parere di esperti e politici che una legge così ha troncato una tradizione millenaria e un’abitudine culturale e di economia domestica per tanti che hanno dovuto rinunciare a questa attività. Fortunatamente nel 2023 Bruxelles ha ridato il via libera all’esportazione di questo prodotto in Italia e all’Estero, una boccata d’aria per molte imprese sarde. Il maialetto sardo è riconosciuto tra i PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) e l’agenzia Laore spiega che “Sono prodotti le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni. I PAT sono inseriti in un elenco predisposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali su indicazione delle regioni. Regolamentati dal decreto del 18 luglio 2000, si collocano al di fuori della normativa sulle attestazioni DOP, IGP e STG.” (https://www.sardegnaagricoltura.it/documenti/14_43_20090522135455.pdf) Numerose sono le sagre dove poter gustare il maialetto arrostito secondo tradizione, sia dedicate proprio a questa tipicità, sia feste patronali o eventi dove non mancano gli stand preposti alla preparazione di questa bontà.

Arianna Basciu – Contributing Writer

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